Caprile in Valsessera. Natura e bellezza al Giardino Belvedere

Trent’anni fa qui c’era una valletta desolata, con un vecchio edificio adibito a mulino. Ora è un grande e rigoglioso giardino, fatto crescere con amore da Maria Teresa Belvedere e da pochi giorni aperto al pubblico.
Lei è una imprenditrice milanese di successo nel settore della bellezza e dell’estetica, legata da affetti famigliari al paese di Caprile, piccolo e nascosto comune della bassa Valsessera, non lontano da Crevacuore. Quell’energia positiva e quel senso di pace che Maria Teresa aveva scoperto qui negli anni Novanta, poco alla volta sono diventati un impegno che ha finito per trasformarsi in un sogno grandioso. Il Giardino Belvedere è ampio un paio di ettari, perfettamente modellato su di una doppia valletta, con la grande casa padronale al centro. La parte curata a parco sfuma poi nei boschi attorno, ma senza apparente confine, in modo naturale e rispettoso. Così tutto sembra spontaneo, ed esteso all’infinito.

“Tutto questo mi fa stare bene…”
Con l’aiuto di giardinieri e di esperti, Maria Teresa ha messo a dimora con armonia migliaia di piante. Dagli iris alle felci, dai roseti, alle azalee e alle ortensie, fino alle magnolie, agli aceri e ai gingo biloba, tanto per citare poche specie.
Ma quello che colpisce è la varietà degli ambienti che sono stati ricreati, sistemando sculture moderne, suggestioni visive, specchi d’acqua, un’area bimbi con giochi che ti fanno entrare nel mondo delle favole e tante altre idee in ogni angolo. Come il Giardino dei Lettori e Pensatori, quello dei Semplici o quello del BenEssere. C’è anche una casa sull’albero, fatta come un bozzolo, così ben inserita da sembrare cresciuta per conto suo.
Con queste premesse, il Giardino Belvedere si appresta a diventare uno dei siti più interessanti della Valsessera, una valle che è un po’ la Cenerentola del turismo biellese, stretta com’è tra Oasi Zegna e Valsesia.

Una piccola Svizzera…
In realtà, se solo si ha la voglia di girare bene questa terra, un tempo provvida di ciminiere fumanti, si potranno trovare tanti spunti per più di una visita. A cominciare dai tanti piccoli santuari: della Brugarola, dei Moglietti, del Rossiglione, del Cavallero e della Novareia, e dall’Addolorata di Postua alla Madonna della Fontana di Azoglio. Poi l’altopiano di Noveis, già “piccola Svizzera biellese”, e più in alto il Monte Barone. Che dire inoltre dei piccoli borghi, come quelli di Guardabosone e di Postua.
Ma quello che mi colpisce di più della Valsessera è la sua silente armonia, che si percepisce anche girando in auto nelle sue infinite straiole, incontrando ad esempio tante case che hanno davanti un orto e un piccolo giardino, per certi versi superfluo ai nostri occhi, se ci si guarda intorno.

Meglio a piedi
Ma il modo migliore per conoscere questa valle e quello di girarla a piedi. Il Cammino di San Carlo la attraversa tutta e con una piccola deviazione si può passare anche dal Giardino Belvedere, compiendo una breve deviazione sulla quarta tappa.
E’ quello che ha fatto pochi giorni fa il pellegrino vercellese Gianpaolo Falletti. Partito lunedì 27 luglio dal San Carlone di Arona, Falletti ha raggiunto prima Orta e poi Varallo visitando i rispettivi Sacri Monti. Dopo aver fatto tappa a Guardabosone, giovedì 30 luglio ha raggiunto di primo mattino lo spettacolare giardino, fermandosi davanti alla cappella di S. Antonio, ricostruita da Maria Teresa Belvedere.
Da qui parte il Sentiero di Sant’Antonio, un breve percorso costellato da pannelli che si rifanno ai miracoli del Santo di Padova. Seguendo il sentiero si ritorna sul Cammino di San Carlo all’altezza del santuario dei Moglietti, nascosto tra i boschi della Valsessera.

Rifugio Barma Località Barma Fontainemore (Ao)
Cell. 331 1087009

Il rifugio Barma, che quest’anno sarà aperto fino a fine settembre, si trova a quota 2060 metri nella riserva naturale del Mont Mars, tra il Biellese e la Valle del Lys in territorio valdostano.  E’ un edificio in pietra costruito intorno alla roccia montonata al centro di un anfiteatro che si affaccia sui laghi omonimi. Il rifugio è di recente costruzione e ha al suo interno un ampio bar e due sale da pranzo, oltre a camere per un totale di 50 posti letto. La gestione del rifugio è affidata a due famiglie della Valle del Lys, Alberto con Monica e Luca con Daniela. La struttura è dotata di pannelli solari per la produzione di energia elettrica, integrati da un sistema di co-generatori. L’acqua è captata in profondità dal lago e trattata con potabilizzatore così da evitare l’utilizzo di imballaggi da smaltire. Il rifugio è raggiungibile dal versante biellese partendo da Oropa, oppure dal versante valdostano partendo da Fontainemore. Noi abbiamo preso la funivia ad Oropa e poi ci siamo inerpicati per il sentiero più veloce - ma più ripido - e in un’ora e mezza abbiamo raggiunto il Colle della Barma e da qui siamo scesi in mezz’ora al rifugio, che si distingue con fatica nel pieno rispetto dell’ambiente tra le rocce che lo circondano, con le montagne che fanno corona e i due laghetti che completano una vista spettacolare. Ma l’interno non è da meno, tutto giocato con il sapiente uso di pietra e legno: all’ingresso la zona bar, poco oltre una delle sale da pranzo. Si respira un’aria di efficienza, di professionalità: tutto è ordinato, precise le indicazioni, perfetti i servizi. Ci raggiunge subito Monica, sorridente e simpatica, con la carta dei vini e il menu. In cucina due ragazzi nepalesi sono intenti a predisporre con cura i cibi nei piatti; sono i due cuochi che, scopriremo dopo, hanno appreso molto bene la cucina tipica di questi luoghi. Dal menu scegliamo carpaccio di manzo marinato con insalata e noci, polenta concia con erbette, gnocchi di pane ed erbette con burro e parmigiano (dopo la sofferta decisione di rinunciare agli spaghettoni fatti in casa con i datterini freschi e alle tagliatelle di grano saraceno al ragù di cinghiale); ma la palma per il miglior piatto del giorno va al brasato di manzo al vino rosso con polenta e patate cotte nel latte, valeva da solo tutte le nostre fatiche. Ai dolci lo strudel di mele e le crostate erano accompagnati da una panna fresca fra le migliori mai assaggiate. Carta dei vini con bella scelta di bottiglie italiane (piemontesi in particolare) e ampia presenza di vini della Valle d’Aosta. Con vino, birra, acqua e caffè abbiamo speso 20 euro a testa.

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